CINEMA SALA RAIMONDI

DA VENERDI 28 NOVEMBRE

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SABATO E DOMENICA

16-18-20-22

Scheda Film
 
Titolo I Vichinghi
Nazione Svizzera, Germania, Sudafrica 2014
Anno 2014
Genere Avventura
Durata durata 98 min
Regia Un film di Claudio Faeh
Sito ufficiale  
Cast Con Tom Hopper, Ryan Kwanten, Ken Duken, Charlie Murphy, Ed Skrein
Data di uscita 27 NOVEMBRE 2014
Trama acciati dal proprio regno e quindi in cerca di conquiste per una nuova libertà un esiguo gruppo di vichinghi viene sbalottato da una tempesta che ne devia il percorso. Dovevano arrivare in Gran Bretagna ma naufragano in Scozia. Scoperto con il primo scontro (e il primo accento) il luogo in cui si trovano, con vichinga rassegnazione prendono atto di essere nel luogo peggiore: dietro le linee nemiche. Comincia così una lunga corsa (con un ostaggio che si rivelerà una risorsa) contro tutti per rimanere vivi e, in qualche maniera, fuggire da quella terra.
Non è nè vuole essere in alcun modo una visione raffinata della mitologia vichinga questa coproduzione svizzero-tedesca-sudafricana guidata da Claudio Fäh e in quest’onestà sta il suo primo pregio. Nel mettere vichinghi contro scozzesi con un pretesto di un’ingenuità che scalda il cuore, I vichinghi non si prende l’incomodo nemmeno di far scontrare due visioni di mondo, giacchè all’interno di ogni fazione sono presenti diverse spinte ideologiche e gran parte degli assalti sono portati avanti da un gruppo di mercenari.
Come spesso è accaduto negli ultimi anni i vichinghi al cinema diventano materia per avventure d’esplorazione, un modo per raccontare l’essere alieni, come se quella razza per storia e tradizione fosse stata decretata la più adatta a diventare nell’immaginario filmico la maschera dell’alterità ad un livello (spesso e volentieri) molto immediato, molto fisico e molto epidermico. Non solo film come Pathfinder, Outlander o Il 13° guerriero ma anche un cartone come Dragon Trainer 2 e un’opera decisamente più sofisticata come Valhalla Rising usano il vichingo in veste di eroe dello spostamento, che accoglie o incontra gli altri con il frequente scopo di ingaggiare con loro una guerra.
È allora nel suo essere un film in continuo movimento, partito nella nebbia dell’infuriar d’una tempesta e protratto lungo una terra sconosciuta, in costante fuga da un nemico che incombe come la morte che rappresenta, che I vichinghi si guadagna la stima. Con il mare ad iniziare e chiudere la parabola I vichinghi non intende avere un briciolo di plausibilità negli scontri ma vuole muoversi all’insegna della forza e dell’ardore, come se il regista svizzero avesse preso il successo di Il trono di spade e gli avesse sottratto i dialoghi arguti, gli intrighi, la sofisticazione dei colpi di scena e qualsiasi intellettualismo per ridurlo ai suoi minimi termini e poi alimentarlo con benzina ad alto numero d’ottani. Bisogna lasciare il cervello a casa per divertirsi ma non le viscere, che vengono scosse di continuo e con sapienza, in un furioso avvicendarsi di asce ed esaltazione, tricipiti e capelli unti, scenari ampi e score esaltato dal genere che più si ciba di quella mitologia: il metal (nel film è presente anche Johan Hegg, cantante degli Amon Amarth).
I vichinghi, film fieramente coatto, rispolvera il senso del cinema come macchina di corpi in movimento, l’esaltazione dell’essere umani e il piacere del racconto avventuroso (diverso da quello più semplice d’azione), fondato sulla scoperta di una meta nuova, l’arrivo in uno scenario alieno e l’esplorazione di una landa misteriosa (in questo caso solo per i protagonisti).

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